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Isabella Santacroce - Il Diario di Claudine |
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Mi costringeva nelle pose.
Riuscivo nell' addestrarmi all'inconsapevolezza pur restando nella folla del delirio. Ora prova a domandarti se ti appartiene l'inquietudine.
Io di lei possiedo gli angoli.
Acuti stati di penombra inverosimile.
La possiedo come ora mi rapisce nello spasimo l'occasionale sconosciuto.
Mi dedica una parte del respiro che lo assilla.
Io ricambio nel mostrarmi comprensibile.
Un'amante che reagisce allo sforzo passionale.
Allo slancio primordiale.
Dammi vita.
Ho drappeggi a coprirmi l'anima ma riesco a renderli invisibili perché si renda credibile il trasporto che recito nell'assecondare il movimento della tua ricerca.
Dammi vita.
Ho bisogno di vita per buttarla.
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Mia madre continua a chiamarmi quando si sente dimenticata.
Squillava mentre lo costringevo a baciarmi le caviglie inginocchiandosi.
Ho risposto con le labbra dell'amante già accostate.
La sorella si era persa in un viaggio verso il nulla e non sapeva quale pianto meritasse quell'evento.
Ho risposto di far scendere qualcosa di estremamente delicato sulle guance.
Lacrime leggere lievemente inconsistenti.
Qualcosa di elegante che le donasse nell'insieme.
Sapevo quanto l'estetica di una sofferenza simulata l'angosciasse.
Assaporavo il contatto sulla pelle di quell'essere accasciato come un servo.
Lei se ne andava abbassando la cornetta.
Io guardavo il corpo dell'uomo a terra. Quell'inchino sgraziato.
La nullità di un gesto.
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