Possiedo una sua foto. Sembra leggere poesie d'amore. La testa leggermente reclina e labbra mosse dal vento. C'ero io accanto ma ho strappato la parte che mi apparteneva. Le ho dato fuoco con la punta delle dita.

Oggi mi ha detto: "credi che il mio non sia dolore". Ho risposto che il dolore nasce dalla gioia . Ho chiesto il perché di tanta gioia da dolore. E' rimasto in silenzio mentre cercavo il mio sguardo fuori dalla finestra.

Lui mi ama da un anno. Mi ha conosciuto quando vivevo dentro la mia caviglia malata. Ho zoppicato per dodici mesi passeggiando con in mano una testa di leone d'argento dal corpo che reggeva il mio braccio. Quando mi ha guardata ho lasciato entrasse in quella testa da giungla. Ho lasciato diventasse l'anima del mio bastone da passeggio.

Quell'addio senza eco. Ho gridato un addio senza eco. Lui mi ama da un anno. Io amavo solo il saperlo nella testa del mio animale d'argento. Ora voglio solo ritrovare gli occhi della prima volta.
 

"Non ti penserò più:" Ha gridato "non ti penserò più".
Nella foto aveva labbra mosse dal vento.
Al telefono una voce da violini stuprati.
Ora sono al parco tra dalie non in fiore e cerco le iridi che mi hanno partorita.
Quasi fosse cosa saggia portarmi in questa luce.