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Vasco Rossi, inizia il tour


Vasco Rossi, inizia il tourGli inizi, le prime canzoni, Sanremo e l’accusa di essere un drogato, il successo, finalmente. Vasco Rossi, alla vigilia del suo nuovo tour
‘Stupido Hotel Live’, che comincerà il 19 giugno prossimo allo stadio delle Alpi di Torino dopo una prova generale a Fabriano. si confessa in un’intervista al quotidiano ‘la Repubblica’.
Ecco alcuni virgolettati:

‘Io sono figlio degli anni Settanta: il periodo più bello dell'ultimo secolo di storia. Io ho vissuto in quegli anni lì e ne sono fiero’.

‘Non mi passava proprio per la testa di salire su un palco come questo e di cantare le mie canzoni. Io m'immaginavo una vita diversa. A 25 anni, non avevo ancora il carattere adatto per diventare una rockstar. Allora cominciai a violentarmi il corpo e l'anima e il cervello. E ancora ne pago le conseguenze’

‘Iniziai tra il 78 e lྌ, quando cominciai a esibirmi dal vivo (...) Quando mio padre morì, io giocavo ancora con la musica: andavo cantando da un posto all'altro Sensazioni sensazioni o Fegato spappolato. Morto mio padre, non era più tempo di scherzare. Economicamente eravamo a terra. Il peso della famiglia era tutto sulle mie spalle di figlio unico. Io e mia madre soli in un appartamento di 70 mq, lei casalinga, io senz'arte né parte. A quel punto dovevo fare sul serio e tirare fuori il meglio’.

‘I miei idoli? Tutti italiani, perché per me le parole erano importantissime. Ma soprattutto Guccini, Dalla, De André. E Battisti, che non riuscivo mai a suonare alla chitarra. Poi arrivò Springsteen, una rivelazione. Mi piaceva anche Renato Zero. Suonava nelle balere in Emilia, non aveva molto successo. Io già lavoravo a Punto Radio e lo invitai a suonare a Zocca. Vennero in quindici a vederlo, ma lui fece il suo spettacolo come se ce ne fossero diecimila’.

‘Sapevo che Albachiara prima o poi sarebbe arrivata al cuore di qualcuno, come Jenny, Sally, Siamo solo noi. Sapevo dove sarei andato a colpire, perché c'era uno spazio vuoto nella musica italiana. C'era voglia di spettacolo, la chitarra e le parole non bastavano più’.

‘Scrissi Vado al massimo perché tutto stava andando da cani, ero nella merda fino al collo. Sfidai Sanremo perché non avevo scelta. Sapevo di non poter tornare a Zocca perdente, mi avrebbero tagliato a fette. A Nantas Salvalaggio sfuggì proprio l'ironia quando, in un attacco di perbenismo ipocrita, scrisse che ero un drogato, cercando di rovinarmi la carriera. Tornai a Sanremo l'anno dopo con Vita spericolata, sicuro di aver scritto una canzone che mi rappresentava in pieno’.

‘Ho visto un servizio su una nave di clandestini impaginato televisivamente in maniera molto più confortante di prima. Direi che è già cambiata l'aria. Quel che mi preoccupa è che il consenso in democrazia si forma con la televisione, non più con le piazze. Per questo un proprietario di televisioni non può far politica. Era una cosa che bisognava arginare già dieci anni fa. Ormai ci siamo dentro’.


 


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